Tratto dalla rivista Professione Golf Club by Golf&Turismo
”...Una curiosa e meritoria opera di recupero,invece, è quella che ha portato alla realizzazione del percorso del Golf Club Le Fronde, in Piemonte, poco distante da Torino. L’area dove oggi si sviluppa il campo da golf era occupata sino agli anni ‘50 dal dinamitificio Nobel, la fabbrica di esplosivi più importante d’Europa il cui fondatore fu Alfred Nobel che nel 1867 rese più stabile la nitroglicerina mescolandola con materiale neutro, ottenendo così un prodotto che avrebbe rivoluzionato il lavoro in miniera, la costruzione di strade e gallerie. Per suo volere istituì il premio che porta il suo nome, ma per gli abitanti della Bassa Valle di Susa tutto questo significa oltre un secolo della loro storia. Della presenza del dinamitificio rimangono a tutt’oggi alcune testimonianze come le piccole casematte nascoste, con molta discrezione, che appaiono occasionalmente lungo il percorso. Il fondatore del Golf Club Le Fronde è stato Giuseppe Maggiora che agli inizi degli anni ‘70 decise di dare il via alla realizzazione del percorso il cui progetto venne affidato nel 1973 al noto architetto inglese John Harris il quale è riuscirò a inserire le 18 buche del tracciato nell’area del vecchio dinamitificio valorizzando in maniera sapiente la bellezza del contesto ambientale e recuperando un’area dismessa....” link dell’articolo
Tratto dalla rivista Il Mondo Del Golf
”...Il Golf Club Le Fronde, con i suoi 6.000 metri di lunghezza per un par 71, rappresenta una felice interpretazione del territorio a firma dell’architetto John Harris che nel 1973 ha saputo valorizzare l’ambiente alternando buche pianeggianti e buche in collina. Un particolare non comune: su questa area, prima del campo, sorgeva la ditta Nobel, una fabbrica di dinamite. Inutile dIre che il panorama da alcune buche è di grande impatto con la maestosità della Sacraa ricordarci che ci troviamo in un luogo di enorme fascino. Occhio alla pendenza dei green che non lasciano scampo. Anzi, un consiglio: prima di un put impegnativo, alziamo gli occhi verso la Sacra e incrociamo le dita. Chissà che San Michele non ci dia una mano...” link dell’articolo